Non sono stati i missili puntati sull'isola, nè le invasioni militari. Non sono stati gli Usa, nè la potentissima lobby cubano-americana. Non è stata la Guerra Fredda e nemmeno gli attentati. Nè tanto meno la crisi economica. Quanto all'embargo, continua a rimanere una piaga soprattutto per il popolo cubano. No, a costringere Fidel Castro a lasciare il potere è stata la malattia contro cui combatte da quasi due anni. Insomma, è stata l'età, il normale incedere degli anni, a rendere possibile il passaggio del testimone per il capo della rivoluzione cubana. Di Fidel, in cinquant'anni si è detto, scritto, fatto di tutto. Nel bene e nel male. Tanti sono stati, nel corso del tempo, gli errori politici. Troppe le derive autocratiche. Ma altrettanto numerose e significative sono state le conquiste sociali - dalla sanità alla scolarizzazione - ottenute dal regime politico di questo Stato in miniatura, distante solo 90 Km dal gigante americano (con tutte le influenze e le pressioni del caso). Gli storici diranno se il senso di dignità e di orgoglio che Fidel ha ridato al suo popolo possa bastare a lenire contraddizioni, sofferenze e ingiustizie. La Storia, insomma, si farà carico di giudicare colpe e meriti dell'uomo politico. A noi piace pensarlo ancora lì, nella Sierra Maestra, con un pugno di straccioni a sognare libertà. Piace pensarlo lì, nell'aula di un processo farsa, a dichiarare impettito che "la Storia mi assolverà". E ci piacerebbe credere che, alla fine, andrà proprio così.
martedì 19 febbraio 2008
giovedì 14 febbraio 2008
Il problema è "diverso"
Quattro ragazzi universitari, prossimi alla laurea, cercano una casa in affitto. Si rivolgono a un'agenzia, poi a una seconda, a una terza e così via. Alla fine consulteranno dieci agenzie. Ovviamente senza contare i privati. Ma la risposta, comunque, non cambia: no, per loro, niente casa. Poco male, si dirà, è risaputa la difficoltà di trovare un'abitazione nelle nostre città. Vero. Però qui il problema è diverso. Nel senso, proprio "diverso". Perchè Mimmo, Mary, Totò e Graziella sono costretti in carrozzina, si muovono e si esprimono con difficoltà e, in qualche caso, in quelle agenzie non sono proprio riusciti ad entrare. Tenuti fuori forse per imbarazzo o per vergogna dalle persone nelle quali si sono imbattute. L'ennesima storia di pregiudizi e ipocrisie è diventato un documentario di quindici minuti che si può vedere su YouTube (al link: www. youtube. com/watch? v=Kw5xTOGLA8M). Bisogna guardarlo, questo filmato. Senza aggiungere altro. Infatti, non ci vuole molto per capire che essere diversamente abile è purtroppo una condizione, ma essere gratuitamente imbecille è sempre una scelta.
venerdì 8 febbraio 2008
C'era una volta la mafia
Tra gli Stati Uniti e Palermo catturati 90 boss di Cosa Nostra. A Napoli preso uno dei più pericolosi latitanti della camorra. E in Calabria scoperti i covi dei "mammasantissima" della 'ndrangheta. Mai come in questo momento risuonano con la forza del coraggio e dell'umiltà le parole di Giovanni Falcone: "la mafia è un fatto umano e, come i fatti umani, ha un inizio e una fine". E' ancora la magistratura, quella magistratura offesa, calpestata e denigrata, a dare un altro colpo mortale alla malavita organizzata, ovunque essa si annidi e prosperi. Ha ancora il volto di un giudice la possibilità che la legalità torni ad essere principio rispettato e condiviso nel nostro Paese. La magistratura, gli uomini e le donne che lavorano e rischiano in terre proibite, devono, però, avere il sostegno della società. Dello Stato. Perchè i lavoratori in toga nera fanno quel che si può e quel che a loro compete. C'è un confine, oltre il quale ognuno deve prendere su di sè la responsabilità di decidere. E' un compito che spetta innanzitutto alla politica, a quella classe politica a volte connivente, spesso distratta. L'Italia si avvia a una campagna elettorale molto confusa. Uno dei protagonisti della partita, sull'onda delle suggestioni americane, ha coniato lo slogan "Sì può fare". Ecco, a noi piacerebbe che tutti, da destra a sinistra, un giorno possano dire la stessa cosa anche a proposito della fine della criminalità organizzata. Perchè arrivi presto il giorno in cui, come ha detto una volta il superprocuratore Piero Grasso, sarà possibile prendere per mano i nostri figli e raccontar loro una storia che inizia così: "C'era una volta la mafia...".
martedì 5 febbraio 2008
Il racconto di Obama
Fra qualche ora si saprà se quello di Obama resterà solo un sogno. Oppure sarà l'inizio di una nuova storia. Il Supermartedì (così chiamano negli Usa il giorno in cui vanno al voto i cittadini di oltre 20 Stati) decreterà i candidati di entrambi i partiti alla Casa Bianca. Ma mai come in questa occasione, l'America democratica è chiamata a un compito immane e supplementare, quello cioè di chiudere definitivamente la stagione di Bush, le sue guerre, la sua petro-politica, la sua economia in recessione. Questa volta ha la possibilità concreta di farlo. Barack può farlo. La nuova America di cui parla il senatore dell'Illinois è l'America della speranza, della fiducia in se stessi, dell'orgoglio. Ma anche della solidarietà, ossia dello sforzo di una nazione di ritrovarsi intorno alle proprie radici, alla propria cultura e di ripartire da queste nella guida di quello che una volta definivano il mondo libero. Un'America aperta, positiva, vitale, che non abbia paura delle sfide del tempo e sia capace di esercitare la sua leadership grazie alla forza delle sue idee e non all'ostentazione del suo potere. Un'America autorevole, insomma, e non autoritaria. Un'America pulita e giovane. Che sappia mettere a frutto le sue enormi risorse per il futuro e che sappa cogliere del passato le esperienze migliori. Può l'America voltare pagina? Obama, dito a indicare l'orizzonte e occhi lucidi e sorridenti, ha detto: "Yes, we can". Noi ci crediamo. Speriamo sia così anche per i suoi concittadini.
Iscriviti a:
Post (Atom)