In questo Paese ormai la Sanità può tutto. Allevia le sofferenze dei cittadini ma spesso fa morire la gente. E' uno dei più importanti diritti delle persone ma da tempo costituisce una delle forme più utilizzate di esercizio del potere. La Sanità è un principio cardine di una società democratica, un diritto inalienabile, eppure rappresenta uno dei maggiori settori dove la logica della spartizione politica, il clientelismo e il malaffare attecchiscono con molta facilità. Sulla Sanità, oggi qui in Italia, si decide il futuro di una comunità, ma anche le sorti di un governo. Si dirà: chiacchiere, illazioni, supposizioni. Teorie. Poi, però, si smette di fare filosofia e si va a toccare con mano la condizione degli ospedali del nostro Paese. Lo hanno fatto i carabinieri del Nas e sentite cosa hanno scoperto. Ovviamente scoperto solo per chi finora non abbia mai avuto a che fare con una struttura pubblica in giro per l'Italia. Da un articolo del Corriere dela Sera: "Medicinali scaduti, cibi andati a male, reparti fatiscenti, impianti fuori norma: in Italia un ospedale su due non rispetta leggi e regolamenti. Ci sono le strutture con «lievi carenze», ma ci sono anche le «gravissime irregolarità» che hanno fatto scattare la chiusura di alcuni reparti oltre alla denuncia contro direttori sanitari e amministratori. Alla fine le persone segnalate sono state ben 778". Ecco perchè, da noi, la Sanità è come una vecchia signora corrotta nel cuore e nell'anima che gioca a fare la signorina giovane e bella. E che ormai è conosciuta da tutti col nome di Ingiustizia.
giovedì 31 gennaio 2008
venerdì 25 gennaio 2008
Benvenuti in Italia
Solo in Italia si fa festa mentre tutto crolla. Solo nel Parlamento italiano gli urli, gli insulti, gli sputi (veri o presunti), le corna. Solo da noi si agitano dagli scranni di un 'Aula, che pure dovrebbe essere l'emblema dell'austerità e della ragione, manifesti e volantini di bassa propaganda. Oppure, peggio, si introducono bottiglie di champagne o si gozzoviglia con delle fette di mortadella. Solo in Italia accade che un governo, per quanto non confortato robustamente dai numeri (ma la regola della democrazia non è forse un voto in più dell'avversario?), cada a freddo: senza un motivazione circostanziata, senza un perchè facilmente riscontrabile dal cittadino comune. Solo nel nostro Paese, che pure dovrebbe far parte del cosiddetto e decantato Occidente, ogni volta una fisiologica crisi politica rischia di diventare una crisi di sistema. Solo da noi, qui in Italia, ancora nel 2008, per decidere chi e come deve dare la linea dal ponte di comando di Palazzo Chigi si devono attendere cinque giorni cinque. Solo nel nostro Paese tutti sanno quali sono i problemi e quali le soluzioni, ma si continua a discutere di altro. Solo da noi sempre le stesse facce a dire sempre le stesse cose. Solo qui è possibile accogliere uno straniero e, davanti a tutto questa volgarità, avere il coraggio e la leggerezza di dire: benvenuto in Italia.
domenica 20 gennaio 2008
I cannoli di Totò
Condannato per aver aiutato mafiosi, ma non Cosa Nostra? E lui brinda e offre cannoli a collaboratori e giornalisti nel suo ufficio di presidente della Regione. Questa la reazione di Totò Cuffaro, detto "vasavasa", alla sentenza del processo di Palermo che, appunto, gli ha inflitto - in primo grado - cinque anni di carcere per favoreggiamento semplice ma non mafioso. Una macchia comunque pesante per qualsiasi uomo delle istituzioni, ma non per il pittoresco Totò che, appena ascoltato dal giudice il dispositivo della sentenza, ha innanzitutto fatto sapere che resterà Governatore. E l'indomani, più rilassato e col viso tornato alla solita rotondità, ha invitato tutti a Palazzo D'Orleans, sede della presidenza della Regione siciliana, per festeggiare a botte di paste di mandorla e tipici cannoli di ricotta. Come dire, nulla è successo e nulla succederà. Il blocco di potere che regge l'Isola, corroborato dal milione e passa di voti che ha preso Cuffaro l'ultima volta, è saldo come non mai. Il malgoverno, le clientele e soprattutto l'alone di ombre e di sospetti, che tuttora aleggia sul "capo dei capi" della politica siciliana, restano tutte lì. Oggi come ieri. E il banchetto "alla siciliana" (benchè smentito dal Governatore) è così solo l'ultimo triste spettacolo in cui pupi e pupari giocano a scambiarsi i ruoli, sperando che non venga mai il giorno del giudizio. Quello vero.
martedì 15 gennaio 2008
Il trono, l'altare e la cattedra
Ha ragione Mussi, quando dice che l'annullamento della visita del Papa alla Sapienza è un fatto grave. Il perche, ha osservato il ministro dell'Università , è semplice: contraddice lo spirito, la natura e la missione propri della realtà accademica. Dunque, le perplessità di molti professori dell'ateneo romano e le proteste degli studenti, seppure quest'ultime caratterizzate dalla goliardia, sembrano aver avuto la meglio. Dicono sia stata la vittoria della sopraffazione e della censura sulla libertà d'espressione e sul dialogo. La vittoria di una "certa cultura laicista" sul genuino concetto di laicità. In parte è vero, per il resto le frasi ad effetto fanno parte della strumentalizzazione politica. Tuttavia, se si prova a isolare la sostanza della questione - di per se complicata - ci si accorge che la radice dello scontro deriva forse dal profilo di questo papato, ben diverso rispetto a quello precedente. In fondo, la "certa cultura laicista" c'è sempre stata - minoritaria - nel nostro Paese. Il mutamento di stagione, al contrario, è avvenuto con l'elezione al soglio pontificio di Ratzinger e soprattutto con le sue ferme prese di posizioni su tanti temi caldi: dalla famiglia al ruolo del cattolicesimo, dall'aborto al confronto con le altre religioni. Prese di posizione che sono scivolate come l'olio nel dibattito politico perchè hanno incrociato una classe politica e un Paese debole e orfani di punti di riferimento forti. Da qui un gioco patologico che spinge a confondere il trono con l'altare. E l'altare con una cattedra.
domenica 13 gennaio 2008
L'Italia ai tempi della "monnezza"
Non accenna a placarsi la protesta contro il piano straordinario adottato dal governo per l'emergenza rifiuti in Campania. Dopo Napoli e la Sardegna, anche in Sicilia, in queste ore, si stanno mettendo in atto blocchi stradali ed altre manifestazioni simili. In nottata, un carico di 1.500 tonnellate di rifiuti provenienti dalla Campania e diretti ad Agrigento ha provocato la reazione di un centinaio di cittadini, che hanno occupato con le loro auto la strada vicina alla discarica. E tutto questo quando, qualche giorno fa, all'appello del premier Prodi (che ha chiesto un contributo a tutte le Regioni per risolvere la crisi) la maggior parte dei vertici delle istituzioni locali hanno risposto in modo alquanto freddo. Insomma, sempre di più la questione della "monnezza" sta diventando il termometro dello stato d'animo del Paese: una nazione sempre più divisa, concentrata sui propri particolarismi e indifferente alle sorti altrui. I media hanno battezzato questa "sindrome" con l'acronimo inglese "Nimby", ovvero "Not in my back yard" ("Non nel mio cortile"). Eppure l'Italia, che pure è passata per immani tragedie, non è mai stata fino in fondo un Paese "nimby". Dal Vajont al terremoto dell'Irpinia, dal sisma in Friuli alla strage di Bologna, gli italiani hanno saputo sempre esprimere solidarietà e condivisione. Ma soprattutto fiducia e capacità di immaginare e costruire il meglio, nonostante tutto. Viene in mente un passaggio del film "La meglio gioventù". Il giovane Nicola Carati si trova in Nord Europa alla ricerca di se stesso e della propria identità, quando una mattina accende la tv e scopre il dramma che sta vivendo Firenze, l'acqua che sembra inghiottire una città, la sua storia, la sua cultura, la sua bellezza. Nicola non ci pensa un attimo a raccogliere in sacca le poche cose del suo viaggio e a partire subito, perchè capisce che in quel momento è necessario essere lì. Per gli altri, certo, ma anche per se stessi. Come Nicola furono migliaia le persone, soprattutto giovani, che accorsero in una città deturpata e ferita nell'anima. Furono tantissimi i giovani e le giovani che ascoltarono quella laicissima ed esistenziale "chiamata" che porta il nome di speranza. Oggi di quell'afflato ideale e di quella eredità morale che forgiarono una intera generazione non resta che la rabbia e l'incomprensione di un popolo smarrito e senza orizzonte.
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