Ha ragione Mussi, quando dice che l'annullamento della visita del Papa alla Sapienza è un fatto grave. Il perche, ha osservato il ministro dell'Università , è semplice: contraddice lo spirito, la natura e la missione propri della realtà accademica. Dunque, le perplessità di molti professori dell'ateneo romano e le proteste degli studenti, seppure quest'ultime caratterizzate dalla goliardia, sembrano aver avuto la meglio. Dicono sia stata la vittoria della sopraffazione e della censura sulla libertà d'espressione e sul dialogo. La vittoria di una "certa cultura laicista" sul genuino concetto di laicità. In parte è vero, per il resto le frasi ad effetto fanno parte della strumentalizzazione politica. Tuttavia, se si prova a isolare la sostanza della questione - di per se complicata - ci si accorge che la radice dello scontro deriva forse dal profilo di questo papato, ben diverso rispetto a quello precedente. In fondo, la "certa cultura laicista" c'è sempre stata - minoritaria - nel nostro Paese. Il mutamento di stagione, al contrario, è avvenuto con l'elezione al soglio pontificio di Ratzinger e soprattutto con le sue ferme prese di posizioni su tanti temi caldi: dalla famiglia al ruolo del cattolicesimo, dall'aborto al confronto con le altre religioni. Prese di posizione che sono scivolate come l'olio nel dibattito politico perchè hanno incrociato una classe politica e un Paese debole e orfani di punti di riferimento forti. Da qui un gioco patologico che spinge a confondere il trono con l'altare. E l'altare con una cattedra.
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