Benazir Bhutto è stata ammazzata. Un kamikaze ha messo fine alla battaglia da tempo intrapresa dall'ex premier pakistano contro il fondamentalismo islamico e contro il regime militare di Musharraf, per la rinascita democratica del Paese. E proprio a queste due forze bisogna fare riferimento per capire chi siano i mandanti dell'attentato. Il rientro della Bhutto nell'agone politico pakistano, infatti, ha rappresentato un elemento destabilizzante nella lotta per il potere che si combatte, soprattutto dopo l'11 settembre, a Karachi, a Islamabad e in tutto il Pakistan, fra i seguaci di Bin Laden e il governo del Generale. Lotta per il potere, legata ovviamente agli enormi interessi geopolitici dell'area. Insomma, la presenza della Bhutto scardinava un gioco perverso e paradossale sostenuto, per opposti motivi e interessi, dalle due forze che governano il Pakistan. Così, Benazir era pericolosa per gli integralisti, che non hanno mai dimenticato la sfida condotta dall'allora premier Bhutto contro di loro dagli anni 90 fino ai ieri. Ed era pericolosa pure per Musharraf (che con la Bhutto aveva recentemente siglato un patto più o meno formale attraverso il quale sostanzialmente i due si spartivano la guida politica dello Stato) , il quale non avrà più, almeno in questa fase, un concorrente vero e credibile nella gestione del potere. E' una situazione, quella venuta a crearsi con l'assassinio della Bhutto, nella quale, dunque, è richiesto agli Usa di abbandonare la strada dell'ambiguità politica nel sostegno al Generale e all'Europa di tentare un'iniziativa politica autonoma. Altrimenti, come in una spirale impazzita, alle bombe risponderà la dittatura. E alla dittatura replicheranno i kamikaze.
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