Il costo della vita aumenta? Non è colpa dell'euro. A pensarla così il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Che, dopo anni di polemiche, condotte nel nostro Paese soprattutto (anzi esclusivamente) dalla destra, ha finalmente sfatato il mito negativo della moneta unica come responsabile dell'impoverimento dei cittadini. Per il presidente ben altre sono le ragioni del rincaro dei prezzi che rende difficile la vita a milioni di famiglie italiane. Ragioni che attengono tutte alla precaria struttura economica del Belpaese. Infatti, nota con molto buon senso il capo dello Stato, in molti altri Paesi dell'Unione europea l'introduzione dell'euro non ha portato ad alcun rincaro. Insomma, l'Italia non può scaricare altrove responsabilità e compiti che le spettano direttamente. L'euro comunque resta uno strumento necessario nel mondo di oggi ma non sufficiente. Senza un'azione politica forte, efficace ed efficiente, verso l'integrazione anche la moneta unica può rivelarsi elemento che perpetua vecchie diseguaglianze e ne produce sempre nuove. E senza una volontà politica - legittimata democraticamente - capace di indirizzare i processi economici si corre il rischio di deprimere l'istintivo sentimento comunitario che da sempre abita il cuore e la cultura del popolo italiano.
lunedì 29 ottobre 2007
domenica 28 ottobre 2007
I fantasmi del Mediterraneo
Fuggivano per non morire di fame, di stenti, di guerra, di ingiustizia. E invece la fame, gli stenti, la guerra e le ingiustizie li hanno inseguiti fino alle rive italiane. Vecchi barconi, carichi all'inverosimile, non ce l'hanno fatta a reggere il peso della loro voglia di riscatto. Troppo fragili per sostenere la forza del loro sogno. Così sono morte altre sedici persone, sedici cosiddetti clandestini, come siamo abituati a chiamarli, in due di quelli che vengono chiamati sbrigativamente viaggi della speranza. E' successo in Calabria e in Sicilia. Viene da pensare alle loro storie, alla loro capacità di immaginare nonostante tutto un futuro meno amaro, nel momento in cui non sappiamo ancora con esattezza quanti disperati avrà inghiottito il mare. Viene da pensare a chi ci specula su, a chi fa della povertà un commercio. Ma viene da pensare anche a chi, da noi, vorrebbe ributtarli in acqua o rispedirli immediatamente nei loro Paesi. Viene da pensare. Pensare. Perchè i fantasmi del Mediterraneo interpellano la nostra coscienza. Sono il buco nero della nostra anima. Il cono d'ombra di una civiltà che insiste a definirsi tale mentre tutto intorno trionfa la barbarie.
sabato 27 ottobre 2007
Imprenditor salva te stesso
"Da dodici anni il Paese non è governato". Parola di Luca di Montezemolo. Il presidente della Confindustria se la prende con la politica tutta perchè incapace di fare le "riforme" necessarie allo sviluppo. Per lui, sia la destra che la sinistra, paralizzate dai veti incrociati, hanno perso le loro occasioni di governo in interminabili dispute, senza arrivare a decisioni di fondo per il Paese. Insomma, dal leader degli industriali arriva un duro colpo di frusta alla classe politica del Paese. L'ennesimo, per la verità. Di questi tempi, in realtà, sparare a palle incatenate sulla politica è molto facile. Gran parte delle mancanze, dei difetti, delle debolezze, delle ingenuità ma anche delle furbizie e dell'approssimazione dei politici, tutte cose di cui parla Montezemolo sono le stesse di cui si lamentano molti cittadini. Ma ciò che il patron della Fiat e della Ferrari non dice è che il "cahiers de doleance" con molta facilità rinfacciato alla classe politica riguarda più di quanto egli non creda anche la classe imprenditoriale. La crisi che stiamo vivendo infatti chiama in causa l'intera classe dirigente del Paese. Quindi anche gli industriali che Luca Cordero rappresenta al massimo livello. Tutti, ovviamente a seconda del ruolo, condividono le stesse responsabilità. A meno che Montezemolo non voglia indicare nell'azienda un'inedita riserva di virtù da contrapporre alla cosiddetta politica politicante. Ma, ahimè, arriva tardi. Ci ha già provato l'uomo del "ghe pensi mi". E per ora basta e avanza.
venerdì 26 ottobre 2007
Negli occhi di un precario
Dopo il Papa, anche il Governatore della Banca d'Italia ha lanciato l'allarme sulla precarietà del lavoro. Se Benedetto XVI aveva parlato delle nuove forme di lavoro dominanti come contrarie al senso di dignità che un uomo non dovrebbe mai perdere (o calpestare, dipende dai punti di vista), Mario Draghi - da uomo di economia quale è - le ha elevate a fattore che impedisce lo sviluppo di un sistema di mercato dinamico. Certo, si tratta di motivazioni diverse che partono da punti di partenza differenti. Ma approdano alla medesima conclusione: lo status quo non va bene. E per capirlo basta guardarsi attorno e vedere la vita che fanno i nostri figli, i nostri amici, i nostri fratelli. Basta osservare i loro volti per carpirne le speranze, le delusioni e la voglia, dopo tutto, di resistere e andare avanti. Basta guardarli negli occhi, i giovani. Se la Chiesa definisce questo stato di cose immorale e il tempio dell'economia nazionale dice che è anche anti-economico, la politica non può più venir meno alle sue responsabilità. Deve tornare ad essere capace di sostenere lo sguardo delle ragazze e dei ragazzi di questo Paese.
giovedì 25 ottobre 2007
Giustizia in conto terzi
Non ci sarà alcuna sentenza per Mario Lozano. La Corte di Assise di Roma ha deciso infatti che il militare americano che ha sparato e ucciso Nicola Calipari nei pressi dell'aeroporto di Baghdad, in occasione della liberazione della giornalista Giuliana Sgrena, non potrà essere processato in Italia per "difetto di giurisdizione". Una cattiva notizia. Perchè, al di là dei vincoli legati al rispetto degli accordi internazionali, forse era necessario arrivare a stabilire un minimo di verità su un episodio tanto controverso. E, si sa, l'Italia di fatti "controversi" (come stragi, omicidi politici, tentati golpe) ne ha vissuti tanti, troppi. Apprendere che una cinica ragion di Stato, seppur declinata in modo diverso, ha avuto ancora una volta la meglio sul bisogno di giustizia è un segnale sconfortante per la nostra democrazia. Chissà, forse il milite Usa sarà giudicato altrove. Altri - speriamo - faranno giustizia per noi. Ma non sarà la nostra. Perchè la giustizia non si fa per conto terzi.
mercoledì 24 ottobre 2007
Il fiore (appassito) della libertà
Sono passati dodici anni da quando è iniziata la detenzione di Aung San Suu Kyi, la leader dell'opposizione politica in Birmania. Migliaia di persone in tutto il mondo hanno partecipato a sit-in per celebrarne l'anniversario. Bisogna continuare a fare pressione sul regime militare, sostengono i manifestanti, finchè l'eroina del popolo birmano non tornerà libera e in condizione di esprimere il suo dissenso. Tutti abbiamo ancora negli occhi le marce di protesta dei monaci buddisti. E tutti restiamo ancora oggi a bocca aperta di fronte alla crudele repressione nei confronti di chi - abituato alla preghiera e al silenzio - chiedeva solo libertà e democrazia. E lo faceva nel modo più semplice e dignitoso. Per giorni dentro a quei cortei lunghi e ordinati c'eravamo anche noi. Poi, come al solito, ci siamo voltati dall'altra parte.
martedì 23 ottobre 2007
Due pesi, la stessa misura
Duecentoventicinque anni di carcere per venticinque no-global. E' questa la richiesta formulata dai pm di Genova durante il processo per i fatti del G8. L'accusa: "Devastazione e saccheggio". Dunque, fatti due calcoli, sono in media circa nove anni di reclusione per ogni "sovversivo". Bene, perchè devastazione e saccheggio sono atti riprorevoli, giustamente sanzionati a dovere dal codice penale. E nove anni di galera sono infatti una pena severa. Tanto severa che assomiglia molto a quella data in occasione di una altro processo recentemente conclusosi, seppur in primo grado, ai danni di un potente esponente politico, braccio destro addirittura di un presidente del Consiglio. Un processo di cui hanno anche parlato (non molto, per la verità) giornali e tv. Allora però si trattava di favoreggiamento mafioso. Per essere più precisi, di concorso esterno in associazione mafiosa. Si trattava, cioè, di aiutare Cosa Nostra a mantenere e perpetuare il suo immenso potere. Nè più, nè meno. Ora, devastazione e saccheggio violano di certo il sacro principio della convivenza civile. Ma supportare l'anti-Stato nel dispiegamento dei suoi perversi disegni sulla società è qualcosa di molto più pericoloso. Perchè rappresenta la negazione stessa del patto sociale che ci fa stare insieme e in pace. Una democrazia che non coglie questa differenza è una democrazia distratta. O forse molto malata.
lunedì 22 ottobre 2007
Ora e sempre mafia
La notizia è di oggi. Gli affari della mafia ammonterebbero a 90 miliardi di euro. Questi i risultati di uno studio promosso dalla Confesercenti. Una cifra spaventosa, da far tremare i polsi, soprattutto se consideriamo lo stato del Paese. Un Paese, il nostro, sempre alle prese con nuove e vecchie difficoltà: la sperequazione economica fra Nord e Sud, il divario via via più crescente fra le classi sociali, la precarietà delle nuove generazioni e l'insicurezza dei meno giovani. Ebbene, in questo Paese dove si parla di crescita e si gestisce l'emergenza, dove si sogna lo sviluppo e - troppo spesso - si coltiva l'egoismo (sociale, economico, politico), l'unica azienda che prospera davvero è Cosa Nostra. Dicono: "Lo sapevamo". E' vero, ormai è diventato anche banale ripetere che la mafia ruba la vita e il futuro. Ma ricordarlo, innanzitutto a se stessi, continua ad essere un esercizio utile. Perchè si muore di mafia. Ma anche di assuefazione.
Prologo
Inizio a scrivere questo diario che è notte fonda. Con mio fratello Ermanno abbiamo appena finito di metter su il blog. Ma è troppo tardi per scrivere qualcosa. Questo è solo un saluto. Domani vi racconterò di più su di me, su ciò che mi succede, su come la penso. E innanzitutto sul perchè ho scelto di dare questo titolo al blog. Ma potete facilmente immaginarlo se avete visto di recente un bellissimo film che parla del viaggio di un giovane uomo attraverso un continente devastato da ingiustizia, povertà e dittatura eppure ricco di umanità e di speranza. Quel continente è il Sudamerica di mezzo secolo fa. Quel giovane uomo sarebbe poi passato alla Storia con un soprannome che sa di tango argentino e di sigaro cubano...
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