Fuggivano per non morire di fame, di stenti, di guerra, di ingiustizia. E invece la fame, gli stenti, la guerra e le ingiustizie li hanno inseguiti fino alle rive italiane. Vecchi barconi, carichi all'inverosimile, non ce l'hanno fatta a reggere il peso della loro voglia di riscatto. Troppo fragili per sostenere la forza del loro sogno. Così sono morte altre sedici persone, sedici cosiddetti clandestini, come siamo abituati a chiamarli, in due di quelli che vengono chiamati sbrigativamente viaggi della speranza. E' successo in Calabria e in Sicilia. Viene da pensare alle loro storie, alla loro capacità di immaginare nonostante tutto un futuro meno amaro, nel momento in cui non sappiamo ancora con esattezza quanti disperati avrà inghiottito il mare. Viene da pensare a chi ci specula su, a chi fa della povertà un commercio. Ma viene da pensare anche a chi, da noi, vorrebbe ributtarli in acqua o rispedirli immediatamente nei loro Paesi. Viene da pensare. Pensare. Perchè i fantasmi del Mediterraneo interpellano la nostra coscienza. Sono il buco nero della nostra anima. Il cono d'ombra di una civiltà che insiste a definirsi tale mentre tutto intorno trionfa la barbarie.
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