Dopo il Papa, anche il Governatore della Banca d'Italia ha lanciato l'allarme sulla precarietà del lavoro. Se Benedetto XVI aveva parlato delle nuove forme di lavoro dominanti come contrarie al senso di dignità che un uomo non dovrebbe mai perdere (o calpestare, dipende dai punti di vista), Mario Draghi - da uomo di economia quale è - le ha elevate a fattore che impedisce lo sviluppo di un sistema di mercato dinamico. Certo, si tratta di motivazioni diverse che partono da punti di partenza differenti. Ma approdano alla medesima conclusione: lo status quo non va bene. E per capirlo basta guardarsi attorno e vedere la vita che fanno i nostri figli, i nostri amici, i nostri fratelli. Basta osservare i loro volti per carpirne le speranze, le delusioni e la voglia, dopo tutto, di resistere e andare avanti. Basta guardarli negli occhi, i giovani. Se la Chiesa definisce questo stato di cose immorale e il tempio dell'economia nazionale dice che è anche anti-economico, la politica non può più venir meno alle sue responsabilità. Deve tornare ad essere capace di sostenere lo sguardo delle ragazze e dei ragazzi di questo Paese.
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