

lunedì 26 maggio 2008
Violenza (e solitudine)

venerdì 9 maggio 2008
I cento passi di Peppino (e di tutti noi)

lunedì 14 aprile 2008
Italia: anno zero

mercoledì 2 aprile 2008
Chiudere i Cpt, aprire la civiltà

domenica 30 marzo 2008
Ardere di lavoro
giovedì 27 marzo 2008
Colpevole di ghetto

martedì 19 febbraio 2008
La Storia lo assolverà

giovedì 14 febbraio 2008
Il problema è "diverso"

venerdì 8 febbraio 2008
C'era una volta la mafia

martedì 5 febbraio 2008
Il racconto di Obama

giovedì 31 gennaio 2008
Signora Sanità, signorina ingiustizia

venerdì 25 gennaio 2008
Benvenuti in Italia

domenica 20 gennaio 2008
I cannoli di Totò
Condannato per aver aiutato mafiosi, ma non Cosa Nostra? E lui brinda e offre cannoli a collaboratori e giornalisti nel suo ufficio di presidente della Regione. Questa la reazione di Totò Cuffaro, detto "vasavasa", alla sentenza del processo di Palermo che, appunto, gli ha inflitto - in primo grado - cinque anni di carcere per favoreggiamento semplice ma non mafioso. Una macchia comunque pesante per qualsiasi uomo delle istituzioni, ma non per il pittoresco Totò che, appena ascoltato dal giudice il dispositivo della sentenza, ha innanzitutto fatto sapere che resterà Governatore. E l'indomani, più rilassato e col viso tornato alla solita rotondità, ha invitato tutti a Palazzo D'Orleans, sede della presidenza della Regione siciliana, per festeggiare a botte di paste di mandorla e tipici cannoli di ricotta. Come dire, nulla è successo e nulla succederà. Il blocco di potere che regge l'Isola, corroborato dal milione e passa di voti che ha preso Cuffaro l'ultima volta, è saldo come non mai. Il malgoverno, le clientele e soprattutto l'alone di ombre e di sospetti, che tuttora aleggia sul "capo dei capi" della politica siciliana, restano tutte lì. Oggi come ieri. E il banchetto "alla siciliana" (benchè smentito dal Governatore) è così solo l'ultimo triste spettacolo in cui pupi e pupari giocano a scambiarsi i ruoli, sperando che non venga mai il giorno del giudizio. Quello vero.
martedì 15 gennaio 2008
Il trono, l'altare e la cattedra
Ha ragione Mussi, quando dice che l'annullamento della visita del Papa alla Sapienza è un fatto grave. Il perche, ha osservato il ministro dell'Università , è semplice: contraddice lo spirito, la natura e la missione propri della realtà accademica. Dunque, le perplessità di molti professori dell'ateneo romano e le proteste degli studenti, seppure quest'ultime caratterizzate dalla goliardia, sembrano aver avuto la meglio. Dicono sia stata la vittoria della sopraffazione e della censura sulla libertà d'espressione e sul dialogo. La vittoria di una "certa cultura laicista" sul genuino concetto di laicità. In parte è vero, per il resto le frasi ad effetto fanno parte della strumentalizzazione politica. Tuttavia, se si prova a isolare la sostanza della questione - di per se complicata - ci si accorge che la radice dello scontro deriva forse dal profilo di questo papato, ben diverso rispetto a quello precedente. In fondo, la "certa cultura laicista" c'è sempre stata - minoritaria - nel nostro Paese. Il mutamento di stagione, al contrario, è avvenuto con l'elezione al soglio pontificio di Ratzinger e soprattutto con le sue ferme prese di posizioni su tanti temi caldi: dalla famiglia al ruolo del cattolicesimo, dall'aborto al confronto con le altre religioni. Prese di posizione che sono scivolate come l'olio nel dibattito politico perchè hanno incrociato una classe politica e un Paese debole e orfani di punti di riferimento forti. Da qui un gioco patologico che spinge a confondere il trono con l'altare. E l'altare con una cattedra.
domenica 13 gennaio 2008
L'Italia ai tempi della "monnezza"
Non accenna a placarsi la protesta contro il piano straordinario adottato dal governo per l'emergenza rifiuti in Campania. Dopo Napoli e la Sardegna, anche in Sicilia, in queste ore, si stanno mettendo in atto blocchi stradali ed altre manifestazioni simili. In nottata, un carico di 1.500 tonnellate di rifiuti provenienti dalla Campania e diretti ad Agrigento ha provocato la reazione di un centinaio di cittadini, che hanno occupato con le loro auto la strada vicina alla discarica. E tutto questo quando, qualche giorno fa, all'appello del premier Prodi (che ha chiesto un contributo a tutte le Regioni per risolvere la crisi) la maggior parte dei vertici delle istituzioni locali hanno risposto in modo alquanto freddo. Insomma, sempre di più la questione della "monnezza" sta diventando il termometro dello stato d'animo del Paese: una nazione sempre più divisa, concentrata sui propri particolarismi e indifferente alle sorti altrui. I media hanno battezzato questa "sindrome" con l'acronimo inglese "Nimby", ovvero "Not in my back yard" ("Non nel mio cortile"). Eppure l'Italia, che pure è passata per immani tragedie, non è mai stata fino in fondo un Paese "nimby". Dal Vajont al terremoto dell'Irpinia, dal sisma in Friuli alla strage di Bologna, gli italiani hanno saputo sempre esprimere solidarietà e condivisione. Ma soprattutto fiducia e capacità di immaginare e costruire il meglio, nonostante tutto. Viene in mente un passaggio del film "La meglio gioventù". Il giovane Nicola Carati si trova in Nord Europa alla ricerca di se stesso e della propria identità, quando una mattina accende la tv e scopre il dramma che sta vivendo Firenze, l'acqua che sembra inghiottire una città, la sua storia, la sua cultura, la sua bellezza. Nicola non ci pensa un attimo a raccogliere in sacca le poche cose del suo viaggio e a partire subito, perchè capisce che in quel momento è necessario essere lì. Per gli altri, certo, ma anche per se stessi. Come Nicola furono migliaia le persone, soprattutto giovani, che accorsero in una città deturpata e ferita nell'anima. Furono tantissimi i giovani e le giovani che ascoltarono quella laicissima ed esistenziale "chiamata" che porta il nome di speranza. Oggi di quell'afflato ideale e di quella eredità morale che forgiarono una intera generazione non resta che la rabbia e l'incomprensione di un popolo smarrito e senza orizzonte.
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