Libero Futuro. Così si chiama la prima associazione antiracket di Palermo presentata oggi nel corso di una manifestazione al Teatro Biondo del capoluogo siciliano. L'associazione prende il nome di Libero Grassi, il commerciante ammazzato dalla mafia nel 1991 perchè si era opposto al ricatto del pizzo. L'evento è stato un vero successo: moltissimi imprenditori e commercianti hanno preso parte all'iniziativa insieme a centinaia di cittadini e giovani. Insomma, la cosiddetta società civile dà segni di risveglio. E' di qualche mese fa la decisione della Confindustra locale, rilanciata poi anche da Montezemolo, di inserire nel codice etico dell'organizzazione di categoria degli imprenditori le sanzioni - fino all'espulsione - per chi paga e non denuncia. E le forze dell'ordine e i magistrati dicono che, rispetto a qualche tempo fa, sono aumentati gli imprenditori e i commercianti che si rivolgono allo Stato e confidano nella legge. Certo si tratta di segnali ancora troppo flebili. La paura e l'omertà sono ancora diffuse. Però non si può non ammettere che la cattura del boss di Palermo Lo Piccolo abbia aperto una feritoia nella cappa mafiosa che opprime la città. Non è ancora la primavera di Palermo, quella della politica che risorgeva, dei lenzuoli appesi ai balconi e di un popolo che rialzava la testa. Non è ancora "il fresco profumo della libertà" per dirla con le parole struggenti di Paolo Borsellino. Eppure fatti come quelli di oggi dimostrano che la speranza è ancora viva e che "il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità" non è un destino e nemmeno una condanna da espiare.
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